I trasferimenti dei crediti concessi per l’acquisto di prodotti energetici, dalle controllate alla controllante, non configurano cessioni a terzi degli stessi crediti, bensì il trasferimento di una posizione soggettiva alla fiscal unit, che rileva ai soli fini della liquidazione dell’imposta sul reddito delle società dovuta dalla consolidante (Agenzia Entrate – risposta 31 ottobre 2022 n. 536). Il caso di specie si riferisce ai seguenti crediti: Si ricorda che i suddetti crediti d’imposta sono utilizzabili in compensazione tramite modello F24, entro il 31 dicembre 2022. In alternativa, le imprese beneficiarie possono cedere i crediti a soggetti terzi, alle seguenti condizioni: Nel caso di specie, alcune delle società che aderiscono, in qualità di consolidate, al consolidato facente capo alla stabile organizzazione della Alfa S.A. hanno effettuato, nel corso dei primi due trimestri del 2022, acquisti di energia elettrica e gas naturale che danno loro diritto a beneficiare dei menzionati crediti d’imposta per le imprese energivore e gasivore. L’intenzione delle società consolidate è quella di trasferire i crediti società istante nel quadro del regime di consolidato fiscale nazionale. Tornano applicabili anche alla fattispecie in esame i precedenti chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate, nei quali è stato precisato che, coerentemente alla disciplina del regime del consolidato fiscale contenuta nel TUIR (artt. 117 e seguenti) e nei decreti ministeriali di attuazione, in costanza di consolidato ciascuna società partecipante alla tassazione di gruppo (inclusa la stessa consolidante) ha la facoltà di trasferire i propri crediti alla società consolidante, per consentire la compensazione con l’imposta sul reddito delle società dovuta da quest’ultima. Il trasferimento dei crediti deve avvenire per un ammontare non superiore all’IRES risultante, a titolo di saldo e di acconto, dalla dichiarazione dei redditi del consolidato. Il trasferimento dei crediti d’imposta è quindi consentito ai fini della compensazione con l’IRES del gruppo e per la parte non eventualmente utilizzata dalla società titolare del credito per l’assolvimento di altri tributi di sua spettanza. Nei documenti di prassi sopra citati, è stato evidenziato, in particolare, che detto trasferimento non configura un’ipotesi di “cessione a terzi” dei crediti d’imposta; si è in presenza, invece, di un trasferimento di una posizione soggettiva alla fiscal unit che rileva ai fini della liquidazione dell’imposta sul reddito delle società dovuta dalla consolidante, nell’ambito di un sistema di tassazione che consente la definizione di un reddito imponibile unico e di un’IRES di gruppo determinata anche attraverso l’utilizzo in compensazione, ex articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, dei crediti e delle eccedenze d’imposta trasferiti dalle imprese che vi aderiscono.
– credito d’imposta a favore delle imprese energivore, pari al 20% delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel primo trimestre del 2022 (art. 15, D.L. n. 4/2022, conv. con modif. dalla L. n. 25/2022);
– credito d’imposta a favore delle imprese energivore, pari al 25% delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel secondo trimestre del 2022 (art. 4, D.L. n. 17/2022, conv. con modif. dalla L. n. 34/2022);
– credito d’imposta a favore delle imprese a forte consumo di gas naturale (“imprese gasivore”), pari al 10% della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel primo trimestre del 2022 (art. 15.1, D.L. n. 4/2022);
– credito d’imposta a favore delle imprese a forte consumo di gas naturale (“imprese gasivore”), pari al 25% della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel secondo trimestre del 2022 (art. 5, D.L. n. 17/2022).
– il credito è cedibile “solo per intero” dalle imprese beneficiarie ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di “soggetti qualificati” (banche e intermediari finanziari, società appartenenti a un gruppo bancario e compagnie di assicurazione);
– in caso di cessione del credito d’imposta, le imprese beneficiarie richiedono il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto al credito medesimo;
– il credito d’imposta è utilizzato dal cessionario con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente, ossia in compensazione tramite modello F24, entro il 31 dicembre 2022.
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Bonus locazioni: attività di commercio al dettaglio
In materia di credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda, forniti chiarimenti in relazione all’attività di commercio al dettaglio (Agenzia delle entrate – Risposta 31 ottobre 2022, n. 535). Nel caso di specie, la società istante svolge come attività principale quella di confezione di articoli di abbigliamento (escluso abbigliamento in pelliccia), come da codice ATECO 14.12 e, in via secondaria, l’attività di commercio al dettaglio avente ad oggetto i capi dalla stessa prodotti come da codice ATECO 47.71. I negozi e gli outlet in cui viene svolta quest’ultima attività sono condotti dalla società S.p.A. in ragione di contratti di locazione o di contratti di affitto d’azienda.
La società istante chiede di sapere se il credito di cui al comma 2-bis dell’articolo 4 del decreto legge n. 73 del 2021 spetti – al ricorrere di tutte le condizioni previste dalla norma – anche alle imprese esercenti commercio al dettaglio con ricavi nel periodo d’imposta 2019 inferiori a 15 milioni di Euro.
Alla luce dei chiarimenti contenuti nella risposta n. 102/E del 2021 che, con riferimento all’applicazione dell’articolo 28, comma 3- bis, del decreto legge n. 34 del 2020, ha riconosciuto la possibilità di enucleare l’attività di commercio al dettaglio dal complesso dell’attività svolta dall’impresa, in linea con l’intento del legislatore di introdurre misure di sostegno nel settore del commercio al dettaglio particolarmente penalizzato dalle misure restrittive imposte per contenere l’epidemia da COVID-19, l’Agenzia ritiene che la società istante possa beneficiare del credito d’imposta di cui al comma 2 dell’articolo 4 del decreto legge n. 73 del 2021 allorché dall’attività di commercio al dettaglio (sempreché autonoma sotto il profilo contabile, amministrativo ed economico-gestionale rispetto all’attività principale) siano derivati – nel secondo periodo d’imposta antecedente a quello di entrata in vigore del decreto stesso (ovvero nel periodo d’imposta 2019) – ricavi non superiori a 15 milioni di euro. Ciò, naturalmente, nel presupposto che ricorrano tutti gli altri requisiti normativamente richiesti.
L’Agenzia evidenzia che, in linea di principio, l’operazione di scorporo dei ricavi derivanti dall’attività di commercio al dettaglio non produce effetti ai fini dell’attribuzione del credito d’imposta di cui all’articolo 4, comma 2 del decreto legge n. 73 del 2021 con riferimento alle altre attività eventualmente esercitate dall’impresa.
Sono, infatti, comunque escluse dalla fruizione del credito d’imposta le altre attività i cui ricavi, per effetto dello scorporo dei ricavi derivanti dall’attività di commercio al dettaglio, dovessero essere non superiori ai 15 milioni di euro.
Resta fermo che la società istante non potrà usufruire del credito d’imposta di cui al comma 2 con riferimento ai canoni versati per i locali condotti in virtù di contratti di locazione/affitto d’azienda, allorché in tali locali non sia svolta l’attività di commercio al dettaglio.
Cedolare secca: la revoca è sanabile con la comunicazione tardiva
Una società che intende revocare la cedolare secca che aveva opzionato per contratto di locazione e che ha avvisato solo il conduttore ma non l’Agenzia delle entrate, può ricorrere all’istituto della remissione in bonis e sanare così la comunicazione tardiva se è in grado di dimostrare di aver tenuto un comportamento coerente con la nuova scelta. In sintesi, deve provare l’invio al conduttore della revoca tempestiva e la mancata corresponsione dell’imposta sostitutiva con riferimento al secondo anno di locazione (Agenzia Entrate – risposta 28 ottobre 2022 n. 530). L’art. 3, DLgs n. 23/2011 ha introdotto nell’ordinamento tributario il regime della c.d. “cedolare secca”, che permette al locatore di assoggettare il canone annuo da locazione abitativa ad un’imposta, operata nella forma della cedolare secca, sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione; la cedolare secca sostituisce anche le imposte di registro e di bollo sulla risoluzione e sulle proroghe del contratto di locazione. Il provvedimento di attuazione del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 7 aprile 2011, prot. n. 55394/2011, nel disciplinare le modalità di esercizio dell’opzione e di versamento della “cedolare secca”, dispone che “L’opzione vincola il locatore all’applicazione del regime della cedolare secca per l’intero periodo di durata del contratto o della proroga, ovvero per il residuo periodo di durata del contratto nel caso di opzione esercitata nelle annualità successive alla prima. È tuttavia consentita la revoca dell’opzione per le annualità successive. In particolare, la revoca è effettuata entro il termine previsto per il pagamento dell’imposta di registro relativa all’annualità di riferimento e comporta il versamento dell’imposta dovuta, ovvero entro il trentesimo giorno successivo a quello in cui termina la precedente annualità. Ai sensi del comma 11 del cit. art. 3, l’opzione non ha effetto se di essa il locatore non ha dato preventiva comunicazione al conduttore con lettera raccomandata, con la quale rinuncia ad esercitare la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo. Il conduttore che riceve tale comunicazione è così posto in condizione di sapere che, per il periodo di durata dell’opzione, non è tenuto al pagamento dell’imposta di registro. Come chiarito dalla circolare n. 20/E del 4 giugno 2012, paragrafo 1, della revoca, al pari dell’opzione, è opportuno che il locatore ne dia preventiva notizia al conduttore, responsabile solidale del pagamento dell’imposta di registro, tenuto conto anche del fatto che a decorrere dall’annualità della revoca viene meno la rinuncia agli aggiornamenti del canone di locazione. Con la circolare 47/E, del 20 dicembre 2012, inoltre, nel fornire chiarimenti rispetto ai “Rapporti tra cedolare secca e remissione in bonis”, ne è stato ammesso il ricorso per sanare la tardiva presentazione del modello RLI, “solo se il tardivo assolvimento dell’obbligo di presentazione di tale modello non sia configurabile come mero ripensamento. Ne consegue che non può essere ammesso ad usufruire dell’istituto in esame chi ha effettuato il versamento dell’imposta di registro (anche se in un’unica soluzione) prima di esercitare l’opzione per il regime della cedolare secca. Analogamente, non è possibile beneficiare dell’istituto della remissione in bonis per l’anno in corso nei casi in cui il contribuente che corrisponda annualmente l’imposta di registro abbia già versato, nei termini previsti dall’articolo 17 del TUR, l’imposta annuale sull’ammontare del canone. Si rammenta che l’istituto della remissione in bonis consente al contribuente di accedere a benefici fiscali o a regimi opzionali la cui applicazione risulta subordinata alla preventiva comunicazione ovvero ad altro adempimento di natura formale non tempestivamente eseguiti, laddove il contribuente: – abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento; – effettui la comunicazione ovvero esegua l’adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile; – versi contestualmente l’importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall’art. 11, co. 1, D.Lgs. n. 471/1197. Ciò detto, sebbene il passaggio dal regime della cedolare secca al regime ordinario non sia propriamente riconducibile a la fruizione di benefici di natura fiscale o l’accesso a regimi fiscali opzionali, lo stesso costituisce, comunque, un passaggio ad un diverso regime impositivo, subordinato ad una “preventiva comunicazione”. Conseguentemente, per motivi di equità e trasparenza che caratterizzano i rapporti con l’Amministrazione finanziaria, è applicabile anche alla comunicazione tardiva della revoca del regime in parola l’istituto appena richiamato, ove si riscontri un comportamento coerente con la scelta comunicata in ritardo. Pertanto, con riferimento al caso specifico, il contribuente può ricorrere all’istituto della remissione in bonis per sanare la tardiva comunicazione della revoca dell’opzione per la cedolare secca, laddove sia in grado di dimostrare di aver tenuto un comportamento coerente con detta scelta, ossia possa provare di aver tempestivamente comunicato al conduttore la propria decisione di revocare l’opzione e di non aver corrisposto l’imposta sostitutiva con riferimento al secondo anno di locazione.
Diritto al credito d’imposta per l’acquisto della “prima casa”
Il credito d’imposta per l’acquisto della “prima casa” può essere fatto valere, tra l’altro, in diminuzione dell’IRPEF dovuta in base alla prima dichiarazione successiva al nuovo acquisto ovvero alla dichiarazione da presentare nell’anno in cui è stato effettuato il riacquisto stesso (Agenzia delle entrate – Risposta 28 ottobre 2022, n. 531) L’istante fa presente di aver acquistato, con il futuro coniuge, un immobile fruendo dell’agevolazione “prima casa”, nonché di aver contratto matrimonio in regime di separazione legale dei beni e successivamente di essersi separato consensualmente nell’anno successivo, con atto omologato dal Tribunale.
In esecuzione delle clausole dell’accordo di separazione, l’istante ha acquistato, la quota di proprietà del coniuge (50 per cento dell’abitazione coniugale).
Tale trasferimento è avvenuto in esenzione dall’imposta di registro. L’istante rappresenta, inoltre, che nel 2022 ha firmato l’accettazione di una proposta di vendita dell’ex casa coniugale e che, successivamente, ha acquistato un’altra abitazione, fruendo nuovamente delle agevolazioni “prima casa”, senza utilizzare il credito d’imposta di cui all’articolo 7 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in detrazione dall’imposta dovuta per tale atto.
L’istante riferisce, in particolare, che per tale ultimo atto di acquisto, il notaio rogante non ha portato in detrazione alcun credito di imposta per l’acquisto della ” prima casa”, in quanto per l’ultimo atto di acquisto non venne pagata alcuna imposta di registro.
Premesso quanto sopra, l’istante chiede di conoscere “se l’atto in esecuzione di una clausola inserita nell’accordo di separazione, comporti la decadenza della detrazione del credito d’imposta di registro versata “.
Per il Fisco l’istante matura il diritto al credito d’imposta in esame con l’acquisto agevolato del secondo immobile, avvenuto nel 2022. In particolare, l’atto con il quale è stata acquistata la quota del 50 per cento in esecuzione degli accordi di separazione, non configura un acquisto di un nuovo immobile.
Si precisa, in ogni caso, che l’istante deve effettivamente procedere all’alienazione della ex casa coniugale entro un anno dalla stipula dell’acquisto del secondo immobile, al fine di non decadere dall’agevolazione fruita per tale acquisto (comma 4-bis della nota II-bis, all’articolo 1 della Tariffa, parte prima), circostanza che comporterebbe, altresì, il recupero del credito d’imposta eventualmente utilizzato.
Si ricorda, infine, che il credito d’imposta spetta fino a concorrenza dell’imposta di registro o dell’imposta sul valore aggiunto corrisposta in relazione al precedente acquisto agevolato.
Tax credit librari: c’è tempo fino al 7 novembre 2022 per la presentazione delle istanze
Per il riconoscimento del credito di imposta, riferito all’anno 2021, è possibile presentare domanda dal 15 settembre 2022 fino al nuovo termine di scadenza del 7 novembre 2022 (Ministero della Cultura – comunicato 27 ottobre 2022) A decorrere dall’anno 2018, agli esercenti che operano nella vendita al dettaglio di libri in esercizi specializzati con codice ATECO principale 47.61 o 47.79.1 viene riconosciuto un credito di imposta. (art. 1, commi 319-321, Legge n. 205 del 27 dicembre 2017).
Al riguardo, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha firmato il Decreto interministeriale n. 215 del 24/4/2018 recante disposizioni applicative in materia di credito di imposta per gli esercenti di attività commerciali, che operano nel settore della vendita al dettaglio di libri.
Per il riconoscimento del credito di imposta, in conformità al decreto in esame, riferito all’anno 2021, è possibile presentare domanda dalle ore 12:00 del 15 settembre 2022 fino al nuovo termine di scadenza del 7 novembre 2022 alle ore 12:00, esclusivamente mediante questo portale:
https://taxcredit.librari.beniculturali.it/sportello-domande/
Per l’anno in corso nella domanda dovrà essere specificata anche la dimensione dell’impresa (micro, piccola, media, grande).
Gli utenti che hanno presentato istanza o effettuato l’accesso al portale nell’anno precedente, devono comunque effettuare una nuova registrazione a partire dalla data suindicata.
Il codice tributo per il contrassegno dei prodotti con nicotina
Istituzione del codice tributo per il versamento, tramite il modello “F24 Accise”, delle somme dovute per la fornitura dei contrassegni di legittimazione da applicare sui singoli condizionamenti per la circolazione dei prodotti diversi dai tabacchi lavorati sottoposti ad accisa, contenenti nicotina (Agenzia delle entrate – Risoluzione 26 ottobre 2022, n. 63/E). A decorrere dal 1° gennaio 2023, la circolazione dei prodotti diversi dai tabacchi lavorati sottoposti ad accisa, contenenti nicotina e preparati allo scopo di consentire, senza combustione e senza inalazione, l’assorbimento di tale sostanza da parte dell’organismo, anche mediante involucri funzionali al loro consumo, è legittimata mediante applicazione di appositi contrassegni di legittimazione sui singoli condizionamenti (art. 62-quater.1, comma 10, D.Lgs 26 ottobre 1995, n. 504, inserito dall’art. 3-novies, comma 2, D.L. 30 dicembre 2021, n. 228).
Con nota prot. n. 404507 del 7 settembre 2022, l’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli – Direzione Accise – Tabacchi ha chiesto l’istituzione del codice tributo per il versamento, mediante il modello “F24 Accise”, delle somme dovute per la fornitura dei suddetti contrassegni.
Tanto premesso, è istituito il seguente codice tributo:
– “5481” denominato “Proventi derivanti dalla fornitura di contrassegni di legittimazione di cui all’articolo 62-quater.1, comma 10, del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504”.
In sede di compilazione del modello “F24 Accise”, il suddetto codice tributo è esposto nella “Sezione Accise/Monopoli e altri versamenti non ammessi in compensazione” in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, indicando:
– nel campo “ente”, la lettera “M”;
– nel campo “provincia”, nessun valore;
– nel campo “codice identificativo”, nessun valore;
– nel campo “rateazione”, nessun valore;
– nel campo “mese”, il mese cui si riferisce il pagamento, nel formato “MM”;
– nel campo “anno di riferimento”, l’anno d’imposta per cui si effettua il pagamento, nel formato “AAAA”.