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NEWS|FISCO

17 Febbraio 2025 da Teleconsul Editore S.p.A.

Scissione totale asimmetrica verso due beneficiarie di nuova costituzione

L’Agenzia delle entrate fornisce risposta ad un interpello presentata da un gruppo di soci e società per ottenere un parere sull’eventuale abusività di un’operazione di riorganizzazione aziendale ai sensi dell’articolo 10bis della Legge n. 212/2000 (Agenzia delle entrate, risposta 8 febbraio 2024, n. 35).

Gli Istanti intendono procedere a una scissione totale e asimmetrica della società, con l’obiettivo di risolvere dissidi interni e facilitare il passaggio generazionale. La scissione prevede la creazione di due nuove entità ciascuna con una composizione azionaria distinta e il trasferimento proporzionale di beni e passività. La riorganizzazione è motivata dalla necessità di superare divergenze strategiche tra i soci e garantire la continuità operativa delle attività imprenditoriali. La scissione è progettata per essere fiscalmente neutrale, mantenendo la continuità dei valori fiscali e senza generare vantaggi fiscali indebiti.

A detta degli Istanti, l’operazione di scissione prospettata non determinerà l’emersione di alcun obbligo di rettifica della detrazione IVA in capo alle società beneficiarie. Inoltre, l’operazione di scissione prospettata non è preordinata a successivi atti aventi contenuto realizzativo, né in capo alle società beneficiarie della scissione, né in capo ai rispettivi soci, né risulta finalizzata alla creazione di soggetti giuridici che non svolgano un’effettiva attività d’impresa o che, nel breve termine, siano destinati a una liquidazione volontaria, continuando le società beneficiarie, senza soluzione di continuità, l’esercizio della medesima attività d’impresa in precedenza esercitata dalla società scissa.

 

Sotto il profilo della disciplina antiabuso, l’Agenzia svolge le seguenti osservazioni.

 

In linea di principio, l’operazione di scissione, anche non proporzionale è fiscalmente neutrale, ai sensi dell’articolo 173 del TUIR e il passaggio del patrimonio della società scissa ad una o più società beneficiarie, che non usufruiscano di un sistema di tassazione agevolato, non determina la fuoriuscita degli elementi trasferiti dal regime ordinario d’impresa. In particolare, i plusvalori relativi ai componenti patrimoniali trasferiti dalla società scissa alle società beneficiarie, mantenuti provvisoriamente latenti dall’operazione in argomento, concorreranno alla formazione del reddito secondo le ordinarie regole impositive vigenti al momento in cui i beni fuoriusciranno dalla cerchia dei beni relativi all’impresa, ossia, verranno ceduti a titolo oneroso, diverranno oggetto di risarcimento (anche in forma assicurativa) per la loro perdita o danneggiamento, verranno assegnati ai soci, ovvero destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.

 

Affinché non siano ravvisabili profili elusivi è necessario che la scissione si caratterizzi come operazione di riorganizzazione aziendale finalizzata all’effettiva continuazione dell’attività imprenditoriale da parte di ciascuna società partecipante all’operazione, con l’impiego nel caso specifico, anche delle risorse finanziarie messe a disposizione di ciascuna beneficiaria che, come sostenuto nell’istanza di interpello, continuerebbero ad essere utilizzate in modo strumentale all’attività d’impresa nei fatti esercitata per gli investimenti ritenuti più appropriati da ciascuno dei gruppi familiari.

Il giudizio favorevole circa la fattispecie rappresentata deve ritenersi subordinato alla condizione che nessun asset societario, frutto degli investimenti operati con la ”liquidità”, sia impiegato per raggiungere obiettivi esclusivamente personali oppure familiari o, in generale, estranei ad un contesto imprenditoriale, e che da ciascuna società post-scissione non provengano flussi finanziari, diversi dai dividendi, a favore dei rispettivi soci.

 

Pertanto, l’Agenzia ritiene che l’operazione di riorganizzazione societaria rappresentata non presenti profili di abuso, nel presupposto che siano rispettate tutte le condizioni richiamate e che, ai fini fiscali, la composizione del patrimonio netto destinato alle società beneficiarie dovrà rispecchiare, percentualmente, la natura di capitale e/o di riserve di utili esistenti nella scissa antecedentemente l’operazione di scissione.

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14 Febbraio 2025 da Teleconsul Editore S.p.A.

Patto di famiglia: chiarimenti in merito alla tassazione delle “attribuzioni compensative”

Arrivano chiarimenti dal Fisco in merito alla tassazione, ai fini dell’imposta di donazione, delle cosiddette “attribuzioni compensative” che, in base all’articolo 768-quater, secondo comma, del codice civile, inserito tra le disposizioni normative relative al patto di famiglia, l’assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni societarie è tenuto a liquidare in favore del legittimario non assegnatario (Agenzia delle entrate, risoluzione 14 febbraio 2025, n. 12).

Secondo quanto stabilito dall’articolo 768-bis del codice civile, il patto di famiglia è il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti.

 

Al fine di tutelare il diritto alla quota di legittima spettante ai legittimari non assegnatari, il successivo articolo 768-quater prevede che al contratto devono partecipare anche il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell’imprenditore. Gli assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni societarie devono liquidare gli altri partecipanti al contratto, ove questi non vi rinunzino in tutto o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote previste dagli articoli 536 e seguenti; i contraenti possono convenire che la liquidazione, in tutto o in parte, avvenga in natura. I beni assegnati con lo stesso contratto agli altri partecipanti non assegnatari dell’azienda, secondo il valore attribuito in contratto, sono imputati alle quote di legittima loro spettanti; l’assegnazione può essere disposta anche con successivo contratto che sia espressamente dichiarato collegato al primo e purché vi intervengano i medesimi soggetti che hanno partecipato al primo contratto o coloro che li abbiano sostituiti. Quanto ricevuto dai contraenti non è soggetto a collazione o a riduzione.

 

In termini di imposte indirette, il Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni (TUS) stabilisce che i trasferimenti effettuati tramite patti di famiglia non sono soggetti a imposta, a condizione che gli aventi causa continuino l’attività d’impresa per almeno cinque anni. Tuttavia, il mancato rispetto di tali condizioni comporta la decadenza dai benefici fiscali e l’applicazione dell’imposta ordinaria, accompagnata da sanzioni e interessi di mora.

Le circolari del 22 gennaio 2008, n. 3/E e del 29 maggio 2013, n. 18/E hanno chiarito che l’agevolazione si applica esclusivamente ai trasferimenti effettuati tramite il patto di famiglia e non alle attribuzioni di somme di denaro o beni da parte dell’assegnatario. Tali ultime attribuzioni rientrano nell’ambito applicativo dell’imposta delle successioni e donazioni.

 

La giurisprudenza ha evoluto la propria interpretazione riguardo al patto di famiglia. La Corte di Cassazione, con un primo orientamento, espresso con ordinanza 19 dicembre 2018, n. 32823, ha stabilito che il patto è assoggettato all’imposta sulle donazioni sia per il trasferimento dell’azienda sia per la corresponsione della somma compensativa ai legittimari non assegnatari. In una successiva sentenza del 2020, la Corte ha ribadito che la liquidazione operata dall’assegnatario deve essere considerata come una liberalità nei confronti dei legittimari non assegnatari, applicando le aliquote e le franchigie relative al rapporto di parentela.

 

Pertanto, in considerazione del riportato orientamento di legittimità, l’Agenzia precisa che, ai fini dell’applicazione dell’imposta di donazione alle “attribuzioni compensative” disposte dall’assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni societarie in favore del legittimario non assegnatario, l’aliquota e la franchigia sono determinate tenendo conto del rapporto di parentela o di coniugio intercorrente tra disponente e legittimario non assegnatario.

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13 Febbraio 2025 da Teleconsul Editore S.p.A.

Imposta successione per distribuzione di riserva straordinaria erogata agli eredi

L’Agenzia delle entrate ha analizzato la questione della successione e della distribuzione di utili in relazione a una partecipazione azionaria gravata da usufrutto, in particolare riguardo alla situazione degli eredi del defunto (Agenzia delle entrate, risposta 12 febbraio 2025, n. 30).

A seguito della delibera di distribuzione delle riserve straordinarie della Società, infatti, gli Istanti hanno ricevuto somme significative, ma si sono trovati a dover chiarire il trattamento fiscale di tali crediti in relazione all’imposta di successione.

 

L’Agenzia delle entrate, nel suo parere, ricorda che nell’ipotesi di usufrutto su una partecipazione sociale, viene attribuito al titolare di tale diritto il godimento dei frutti, e pertanto, il diritto a percepire gli utili derivanti dall’altrui partecipazione societaria.

La costituzione del diritto di usufrutto su una quota di partecipazione sociale comporta una dissociazione dei diritti connessi alla quota stessa, in quanto all’usufruttuario spetta il diritto agli utili, mentre al titolare della quota spetta la nuda proprietà. 

Il valore dell’usufrutto deve essere calcolato applicando al valore del titolo il coefficiente previsto nell’Allegato al citato D.P.R. n. 131/1986, come modificato dal decreto del MEF 18 dicembre 2020, in relazione all’età della persona alla cui morte deve cessare il diritto di usufrutto.

Tale criterio non si rende applicabile alla determinazione dei redditi di capitale, che sono imputabili per intero all’usufruttuario.

 

Ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera e), del TUIR, costituiscono redditi di capitale gli utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società ed enti soggetti all’imposta sul reddito delle società.

Si presumono ai fini fiscali prioritariamente distribuiti l’utile d’esercizio e le riserve diverse da quelle di capitale per la quota di esse non accantonata in sospensione di imposta. Non costituiscono utili le somme e i beni ricevuti dai soci delle società soggette all’imposta sul reddito delle società a titolo di ripartizione di riserve o altri fondi costituiti con sopraprezzi di emissione delle azioni o quote, con interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote, con versamenti fatti dai soci a fondo perduto o in conto capitale e con saldi di rivalutazione monetaria esenti da imposta; tuttavia le somme o il valore normale dei beni ricevuti riducono il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute. Pertanto, le somme erogate a titolo di distribuzione di riserve non rientranti in tale fattispecie, costituiscono redditi di capitale. Con la delibera di distribuzione vengono stabiliti gli importi che verranno attribuiti agli aventi diritto che, con riferimento alle quote di partecipazione gravate di usufrutto, coincide con l’usufruttuario. Gli importi deliberati devono essere integralmente riconosciuti in capo all’usufruttuario al momento della delibera, anche nell’ipotesi in cui lo stesso usufruttuario sia deceduto prima della liquidazione degli importi e che gli stessi siano materialmente incassati dai nudi proprietari della quota di partecipazione gravata, in qualità di eredi.

 

L’imposta sulle successioni e donazioni si applica ai trasferimenti di beni e diritti per successione a causa di morte, per donazione o a titolo gratuito, compresi i trasferimenti derivanti da trust e da altri vincoli di destinazione.

L’imposta è dovuta dagli eredi e dai legatari per le successioni, dai donatari per le donazioni e dai beneficiari per le altre liberalità tra vivi.

I trasferimenti di beni e diritti per causa di morte sono soggetti all’imposta con le seguenti aliquote applicate sul valore complessivo netto dei beni e dei diritti devoluti: a favore del coniuge e dei parenti in linea retta sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 1.000.000 di euro: 4%.

 

Nel caso di specie, come dichiarato dagli Istanti, l’assemblea dei soci della Società ha deliberato la distribuzione della riserva straordinaria (derivante da accantonamento di utili degli esercizi precedenti). A causa del decesso del padre, la quota della riserva di utili spettante al de cuius è stata materialmente erogata ai figli, in qualità di eredi, al netto della ritenuta del 26%.

Al riguardo, l’Agenzia ritiene che, in caso di quota partecipativa gravata da usufrutto, il diritto alla percezione degli utili distribuiti e utili accantonati a riserva straordinaria, poi distribuita, spetti unicamente all’usufruttuario, in base a quanto previsto dal primo comma dell’articolo 984 c.c., ovvero al de cuius. In conseguenza del decesso dell’usufruttuario, avvenuto prima della effettiva erogazione delle predette somme, i figli, in qualità di eredi del de cuius, sono diventati titolari del diritto di credito nei confronti della Società.

Prima della deliberazione di distribuzione degli utili, il socio risulterà solo titolare di una situazione soggettiva prodromica all’acquisto, nella propria sfera patrimoniale, del diritto alla distribuzione degli utili: titolare di un’aspettativa di mero fatto nei confronti della società, fin quando non ne venga deliberata l’effettiva distribuzione da cui discende l’insorgere del vero e proprio diritto di credito.

Dunque, il predetto credito rientra tra i beni che compongono l’attivo ereditario del de cuius e, pertanto, devono essere inseriti nella dichiarazione di successione dello stesso per l’importo effettivamente percepito dai figli e al netto della ritenuta del 26% a titolo di imposta sostituiva operata dalla Società.

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12 Febbraio 2025 da Teleconsul Editore S.p.A.

Lavoratori impatriati, ulteriori chiarimenti AdE sul nuovo regime

Nella risposta n. 22/2025, l’Agenzia delle entrate chiarisce un dubbio sulla possibilità di beneficiare del regime agevolativo per i lavoratori impatriati a decorrere dall’anno d’imposta 2024 e, in particolare, se l’emissione delle fatture ad un unico cliente estero che, negli anni precedenti è stato il datore di lavoro, sia un ostacolo alla fruizione dello stesso.

Il “nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati” si applica ai contribuenti che trasferiscono, dal periodo d’imposta 2024, la residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2 del TUIR.

In particolare, il comma 1 dell’articolo 5 del D.Lgs. n. 209/2023 dispone che i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, i redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e professioni prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, entro il limite annuo di 600.000 euro concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% del loro ammontare al ricorrere delle seguenti condizioni:

  • i lavoratori si impegnano a risiedere fiscalmente in Italia per un periodo di tempo corrispondente a quello di cui al comma 3, secondo periodo;

  • i lavoratori non sono stati fiscalmente residenti in Italia nei tre periodi d’imposta precedenti il loro trasferimento. Se il lavoratore presta l’attività lavorativa nel territorio dello Stato in favore dello stesso soggetto presso il quale è stato impiegato all’estero prima del trasferimento oppure in favore di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo, il requisito minimo di permanenza all’estero è di: sei periodi d’imposta, se il lavoratore non è stato in precedenza impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo; sette periodi d’imposta, se il lavoratore, prima del suo trasferimento all’estero, è stato impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo;

  • l’attività lavorativa è prestata per la maggior parte del periodo d’imposta nel territorio dello Stato;

  • i lavoratori sono in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione.

La base imponibile è ridotta al 40% nei seguenti casi:

– il lavoratore si trasferisce in Italia con un figlio minore;

– in caso di nascita di un figlio ovvero di adozione di un minore di età durante il periodo di fruizione del regime di cui al presente articolo.

La riduzione al 40% della base imponibile è subordinata alla condizione che durante il periodo di fruizione del regime da parte del lavoratore, il figlio minore di età, ovvero il minore adottato, sia residente nel territorio dello Stato.

 

L’Agenzia chiarisce che il nuovo regime può essere applicato, nel rispetto delle condizioni richieste, anche nell’ipotesi in cui il lavoratore si trasferisca in Italia per prestare l’attività lavorativa nel territorio dello Stato in favore del medesimo soggetto (residente o non residente in Italia), presso il quale è stato impiegato all’estero prima del predetto trasferimento oppure in favore di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo. La norma prevede l’allungamento del periodo minimo di pregressa permanenza all’estero che, da tre, aumenta a sei o sette anni, a seconda che si tratti o meno del medesimo soggetto (datore/gruppo) presso cui era svolta l’attività lavorativa in Italia prima del trasferimento all’estero.

 

Nel caso di specie, dunque, l’istante che al rientro in Italia presterà l’attività professionale con la stessa società per la quale aveva già lavorato all’estero, al ricorrere di tutti i requisiti previsti dalla norma, potrà beneficiare del nuovo regime agevolativo, a partire dal periodo d’imposta di rientro in Italia e per i quattro successivi considerato che dichiara di essere stata residente all’estero per almeno 6 anni.

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11 Febbraio 2025 da Teleconsul Editore S.p.A.

Chiarimenti su detrazione per acquisto di veicoli destinati a persone con disabilità

L’Agenzia delle entrate ha pubblicato una nuova risposta ad un quesito riguardo alla possibilità di beneficiare della detrazione fiscale per l’acquisto di un’autovettura per il trasporto di disabile e anche per il valore del veicolo usato dato in permuta (Agenzia delle entrate, risoluzione 7 febbraio 2025, n. 11/E).

L’articolo 15, comma 1, lett. c), del TUIR prevede una detrazione dall’imposta lorda (IRPEF), calcolata su una spesa massima di 18.075,99 euro, sostenuta per l’acquisto dei mezzi di locomozione dei soggetti disabili di cui al citato articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

La detrazione spetta sul costo di acquisto del veicolo (nuovo o usato) e sulle spese di riparazione imputabili a manutenzione straordinaria; sono, quindi, escluse quelle di ordinaria manutenzione, quali il premio assicurativo, il carburante, il lubrificante, gli pneumatici e le spese in genere riconducibili alla normale manutenzione del veicolo.

 

La detrazione pari al 19% è determinata sul predetto limite di spesa con riferimento all’acquisto di un solo veicolo in un periodo di 4 anni (decorrente dalla data di acquisto). Concorrono al raggiungimento del limite di spesa di euro 18.075,99 anche le spese di riparazione del veicolo, purché sostenute entro i 4 anni dall’acquisto del veicolo stesso.

 

La detrazione spetta per le spese sostenute per l’acquisto di:

  • motoveicoli e autoveicoli, anche se prodotti in serie e adattati in funzione delle limitazioni permanenti delle capacità motorie della persona con disabilità;

  • motoveicoli e autoveicoli, anche non adattati, per il trasporto di persone con handicap psichico o mentale di gravità tale da avere determinato il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento e di invalidi con grave limitazione della capacità di deambulazione o persone affette da pluriamputazioni;

  • autoveicoli, anche non adattati, per il trasporto dei non vedenti e sordi.

A decorrere dal 1° gennaio 2020, ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, la detrazione dall’imposta lorda nella misura del 19% spetta a condizione che l’onere sia sostenuto con versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti.

A partire dal 2020, dunque, ai fini della detrazione delle spese per l’acquisto dei mezzi di locomozione dei soggetti disabili, il pagamento deve essere effettuato mediante versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del D.Lgs. n. 241/1997, ossia carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari ovvero altri sistemi di pagamento.

Al riguardo, l’Agenzia ritiene, in linea con quanto già precisato con la risoluzione del n. 108/E/2014, in materia di erogazioni liberali ai partiti politici, che “altri mezzi di pagamento” siano le !ulteriori modalità idonee a garantire la tracciabilità dell’operazione e l’esatta identificazione del suo autore e a consentire all’amministrazione finanziaria lo svolgimento di efficaci controlli”.

 

Nel caso di specie, in occasione dell’acquisto del nuovo veicolo, il soggetto acquirente ha venduto al concessionario un veicolo usato concordandone un ”valore” e tale ”valore” è stato utilizzato a scomputo dell’importo dovuto a saldo per l’acquisto del nuovo veicolo.

In tal caso, l’Agenzia delle entrate ritiene che il valore del veicolo usato, se documentato adeguatamente e utilizzato a scomputo del prezzo del nuovo veicolo, possa essere incluso nel calcolo della detrazione.

Per fruire della detrazione di cui all’articolo 15, comma 1, lett. c), del TUIR. è essenziale che il contribuente disponga di documentazione idonea che attesti il prezzo di acquisto del nuovo veicolo e il valore del veicolo usato venduto al concessionario.

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10 Febbraio 2025 da Teleconsul Editore S.p.A.

Variazione catastale e Superbonus: le comunicazioni dell’Agenzia

In tema di Superbonus, l’Agenzia delle entrate rende note le modalità con le quali viene inviata al contribuente apposita comunicazione nei casi in cui non risulti presentata la dichiarazione di variazione catastale nonché le modalità per regolarizzare errori od omissioni e beneficiare della riduzione delle sanzioni previste per le violazioni stesse (Agenzia delle ntrate, provvedimento 7 febbraio 2025, n. 38133).

L’art. 1, comma 86, della Legge n. 213/2023 stabilisce che l’Agenzia delle entrate, con riferimento alle unità immobiliari oggetto degli interventi di cui all’articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Superbonus) verifichi, sulla base di specifiche liste selettive elaborate con l’utilizzo delle moderne tecnologie di interoperabilità e analisi delle banche dati, se sia stata presentata, ove prevista, la dichiarazione di variazione catastale (articolo 1, commi 1 e 2, del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701) anche ai fini degli eventuali effetti sulla rendita dell’immobile presente in atti nel catasto dei fabbricati.

 

Nei casi oggetto di verifica per i quali non risulti presentata la dichiarazione, l’Agenzia delle entrate può inviare al contribuente apposita comunicazione ai sensi dell’articolo 1, commi da 634 a 636, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190.

 

L’Agenzia delle entrate rende disponibili al contribuente le informazioni, per una valutazione in ordine alla correttezza dei dati in suo possesso, per consentire all’intestatario catastale di regolarizzare la sua posizione ovvero di fornire elementi, fatti e circostanze non conosciuti dall’Agenzia, sulla base dei quali non si rende obbligatoria la presentazione della dichiarazione nel caso di specie.

 

 Le informazioni rese disponibili ai contribuenti sono:

  • codice fiscale, denominazione, cognome e nome del contribuente;

  • identificativo catastale dell’immobile indicato dal contribuente nella Comunicazione dell’opzione relativa agli interventi di recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica, rischio sismico, impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica ai sensi degli articoli 119 e 121 del decreto-legge n. 34 del 2020, come modificati dalla legge n. 234 del 2021;

  • invito a fornire chiarimenti e idonea documentazione tramite il servizio “Consegna documenti e istanze” disponibile nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate, nel caso in cui il contribuente ravvisi inesattezze nei dati in possesso dell’Agenzia o intenda comunque fornire elementi in grado di giustificare la presunta anomalia.

La comunicazione, contenente le suddette informazioni, viene inviata al domicilio digitale ovvero tramite raccomandata con avviso di ricevimento ed è resa anche disponibile nel Cassetto fiscale del contribuente.

Gli intestatari catastali che hanno avuto conoscenza delle informazioni rese disponibili dall’Agenzia delle entrate possono regolarizzare le omissioni attraverso la presentazione delle dichiarazioni di cui all’articolo 1, commi 1 e 2, del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, beneficiando della riduzione delle sanzioni previste, in ragione del tempo trascorso dalla commissione delle violazioni stesse.

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