Il Fisco chiarisce l’applicabilità delle nuove disposizioni nell’ambito dell’imposta regionale sulle attività produttive (Irap) introdotte dal decreto semplificazioni (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risoluzione 15 luglio 2022, n. 40/E) Il decreto semplificazioni (articolo 10 del decreto- legge 21 giugno 2022, n. 73) ha modificato l’articolo 11 del Decreto Irap (decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446). Il nuovo decreto prevede che spettano esclusivamente in relazione a soggetti diversi dai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato le seguenti deduzioni:
– la deduzione dei contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro (art. 11, comma 1, lett. a, n. 1, del decreto IRAP);
– la deduzione delle spese relative agli apprendisti, ai disabili e delle spese per il personale assunto con contratti di formazione e lavoro, nonché, dei costi sostenuti per il personale addetto alla ricerca e sviluppo (art. 11, comma 1, lett. a, n. 5, del decreto IRAP);
– la deduzione forfetaria di 1.850 euro fino a 5 dipendenti per i soggetti con componenti positivi non superiori nel periodo d’imposta a euro 400.000 (art. 11, comma 4-bis. 1, del decreto IRAP).
Inoltre, prevede, l’abrogazione delle seguenti agevolazioni:
– la deduzione forfetaria di 7.500 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo di imposta, aumentato a 13.500 euro per i lavoratori di sesso femminile nonché per quelli di età inferiore ai 35 anni (art. 11, comma 1, lett. a, n. 2, del decreto IRAP) e la deduzione dei contributi previdenziali ed assistenziali relativi ai medesimi lavoratori (art. 11, comma 1, lett. a, n. 4, del decreto IRAP);
– la deduzione per incremento occupazionale fino a 15.000 euro per ciascun nuovo dipendente assunto con contratto a tempo indeterminato (art. 11, comma 4-quater, del decreto IRAP).
La disposizione in commento modifica, infine, il comma 4-octies dell’articolo 11 del decreto IRAP sostituendo la deduzione del costo residuo del personale dipendente con contratto a tempo indeterminato (pari alla differenza tra il costo del predetto personale e le altre deduzioni spettanti) con la deduzione integrale del costo complessivo del predetto personale. In pratica, il costo deducibile non va più determinato per “differenza” rispetto alle altre deduzioni specifiche previste dall’articolo 11 del decreto IRAP (nella formulazione previgente).
Le nuove disposizioni si applicano a partire dal periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del medesimo decreto (in vigore dal 22 giugno 2022).
A tal riguardo, si forniscono le modalità di compilazione del modello IRAP 2022, in particolare le istruzioni per la compilazione della sezione I del quadro IS:
– nei righi IS1, colonna 2, IS4, colonna 3, e IS5, colonna 2, vanno indicate le deduzioni spettanti in relazione ai soggetti diversi dai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato;
– i righi IS2, IS3 e IS6 non vanno compilati;
– nel rigo IS7, colonna 3, va indicata la deduzione di cui all’articolo 11, comma 4-octies, del decreto IRAP (nella vigente formulazione), ossia la deduzione riferita al costo complessivo per il personale dipendente con contratto a tempo indeterminato, compresa la deduzione ammessa, nei limiti del 70 per cento del costo complessivamente sostenuto, per ogni lavoratore stagionale impiegato per almeno centoventi giorni per due periodi d’imposta, a decorrere dal secondo contratto stipulato con lo stesso datore di lavoro nell’arco temporale di due anni a partire dalla cessazione del precedente contratto (da evidenziare anche in colonna 2);
– nel rigo IS9 va indicata l’eventuale eccedenza delle deduzioni ammesse dai commi 1 e 4- bis.1 del citato articolo 11 rispetto al limite massimo rappresentato dalla retribuzione e dagli oneri e spese a carico del datore di lavoro.
Atteso che la novella normativa si sostanzia essenzialmente in una semplificazione nel calcolo della deduzione spettante per i dipendenti a tempo indeterminato cui consegue una semplificazione nelle modalità di compilazione della dichiarazione IRAP (senza impatti, dunque, nel quantum della deduzione spettante), si ritiene che per il primo anno sia comunque possibile compilare la sezione I del quadro IS secondo le regole attualmente fornite nelle istruzioni per la compilazione del modello IRAP 2022, pubblicato sul sito istituzionale dell’Agenzia delle entrate (senza tenere conto, quindi, di quanto sopra precisato).
NEWS|FISCO
Esterometro: nessun obbligo comunicativo per le PA
Le pubbliche amministrazioni sono escluse dall’obbligo comunicativo dell’esterometro in riferimento a tutte quelle operazioni per le quali non agiscono come soggetti passivi d’imposta (Agenzia Entrate – risposta 14 luglio 2022 n. 379). In merito all’ambito applicativo della trasmissione dell’esterometro, l’Agenzia delle Entrate on la circolare n.26/E del 13 luglio 2022 ha precisato che l’obbligo: – sussiste per i soli “soggetti passivi” residenti o stabiliti nel territorio dello Stato; – ha ad oggetto tutte le operazioni attive (vendite) e passive (acquisti), indipendentemente dalla loro rilevanza IVA, fermo restando che questi ultimi (acquisti) vanno comunicati solo se di importo superiore ad euro 5.000 quando non rilevanti territorialmente ai fini IVA in Italia. Il documento di prassi, nel ricordare come tra i soggetti passivi tenuti all’adempimento possa rientrare, dal 1° luglio 2022, anche chi prima ne era escluso, ha ribadito, peraltro, in riferimento agli enti non commerciali, che come in passato l’obbligo riguarderà le sole operazioni realizzate nella sfera commerciale dell’ente. Pertanto, deve dunque dirsi che le pubbliche amministrazioni sono escluse dall’obbligo comunicativo dell’esterometro, comunque possibile su base volontaria, in riferimento a tutte quelle operazioni per le quali non agiscono come soggetti passivi d’imposta (tipicamente quelle c.d. “istituzionali”). Va aggiunto che anche quando tale obbligo sussiste, lo stesso non va confuso con quello di integrazione dei documenti ricevuti o di autofatturazione. Infatti, gli obblighi di cui si parla (integrazione di un documento ricevuto e autofatturazione, da un lato, esterometro dall’altro), sono tra loro autonomi, seppure un unico adempimento possa, in taluni casi, soddisfare entrambi.
Terzo Settore: il regolamento sul social bonus
Pubblicato nella G.U. 14 luglio 2022, n. 163 il regolamento concernente le modalità di attuazione del credito d’imposta denominato social bonus (Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Decreto 23 febbraio 2022, n. 89). Possono fruire del credito d’imposta social bonus le persone fisiche, gli enti che non svolgono attività commerciali e tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano, nonché dal regime contabile adottato.
Sono ammesse al credito d’imposta le erogazioni liberali destinate ed utilizzate per sostenere il recupero delle seguenti categorie di beni assegnati agli enti del Terzo settore, in forma singola o in partenariato tra loro:
a) immobili pubblici inutilizzati;
b) beni mobili e immobili confiscati alla criminalità organizzata.
I beni oggetto degli interventi di recupero sono quelli utilizzati da parte degli enti del Terzo settore in via esclusiva per lo svolgimento di una o più attività di interesse generale, con modalità non commerciali.
Per il recupero di beni immobili, le erogazioni liberali sono ammesse al credito d’imposta in ragione degli interventi edilizi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia, finalizzati ad assicurarne il riutilizzo e funzionali allo svolgimento di una o più attività di interesse generale. Le erogazioni liberali possono altresì sostenere le spese di gestione dei beni, anche al fine di assicurarne l’efficienza funzionale.
Alle erogazioni previste nel presente articolo non si applicano le disposizioni relative alle detrazioni e deduzioni per erogazioni liberali di cui all’articolo 83 del Codice, né le agevolazioni fiscali previste da altre disposizioni di legge a titolo di deduzione o di detrazione di imposta.
Il credito d’imposta è riconosciuto:
– nella misura del 65 per cento delle erogazioni liberali in denaro effettuate da persone fisiche e del 50 per cento, se effettuate da enti o società;
– alle persone fisiche, agli enti e alle società che non svolgono attività commerciali nei limiti del 15 per cento del reddito imponibile ed ai soggetti titolari di reddito d’impresa, nei limiti del 5 per mille dei ricavi annui.
Il credito d’imposta è ripartito in tre quote annuali di pari importo e spetta a condizione che le erogazioni liberali siano effettuate esclusivamente mediante sistemi di pagamento che ne garantiscano la tracciabilità, tramite banche, uffici postali ovvero mediante altri sistemi di pagamento. La causale del pagamento dovrà contenere il riferimento al social bonus, all’ente del Terzo settore beneficiario e all’oggetto dell’erogazione.
Le persone fisiche e gli enti non commerciali fruiscono del credito d’imposta a decorrere dalla dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui è stata effettuata l’erogazione liberale.
La quota annuale non utilizzata può essere riportata nelle dichiarazioni dei periodi di imposta successivi, fino ad esaurimento del credito.
Per i soggetti titolari di reddito d’impresa, il credito d’imposta è utilizzabile in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello di effettuazione dell’erogazione liberale, presentando il modello F24 esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento. In caso di mancato utilizzo, in tutto o in parte, dell’importo annuale, l’ammontare residuo potrà essere utilizzato nel corso dei periodi di imposta successivi. Con apposita risoluzione dell’Agenzia delle entrate è istituito il codice tributo per la fruizione del credito d’imposta, da indicare nel modello F24, e sono impartite le istruzioni per la compilazione del modello. Il credito d’imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di fruizione dello stesso e in quelle relative ai periodi d’imposta successivi, fino a quando se ne esaurisce la fruizione.
Il credito d’imposta non concorre alla formazione del reddito, ai fini delle imposte sui redditi, e del valore della produzione, ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive.
Si applicano le disposizioni in materia di liquidazione, accertamento, riscossione e contenzioso previste dalle norme vigenti in materia di imposte sui redditi.
Chiarimenti del Fisco sul bonus carburante
Ambito soggettivo e oggettivo, modalità di applicazione ed erogazione dei buoni benzina in sostituzione dei premi di risultato (AGENZIA DELLE ENTRATE – Circolare 14 luglio 2022, n. 27/E) Al fine di contenere gli impatti economici dovuti all’aumento del prezzo dei carburani è stato previsto, soltanto per il periodo d’imposta 2022, la possibilità per i datori di lavoro privati di erogare ai propri lavoratori dipendenti buoni benzina, o titoli analoghi, esclusi da imposizione fiscale, per un ammontare massimo di euro 200 per lavoratore. (art. 2, decreto-legge n. 21/2022 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 51/2022).
I buoni benzina in esame sono erogazioni corrisposte dai datori di lavoro privati ai propri lavoratori dipendenti per i rifornimenti di carburante per l’autotrazione (come benzina, gasolio, GPL e metano).
Attesa la ratio della norma, riconducibile, come detto, alla volontà del legislatore di indennizzare i dipendenti di datori di lavoro privati dei maggiori costi sostenuti “nel contesto del caro carburanti”, si ritiene che l’erogazione di buoni o titoli analoghi per la ricarica di veicoli elettrici debba rientrare nel beneficio di cui trattasi, anche al fine di non creare ingiustificate disparità di trattamento fra differenti tipologie di veicoli.
Per quanto attiene al datore di lavoro, l’agevolazione è stata inizialmente introdotta per favorire esclusivamente i lavoratori dipendenti di «aziende private». Successivamente, in sede di conversione del predetto decreto-legge, è stata sostituita la locuzione «aziende private» con «datori di lavoro privati».
Al riguardo, con esclusivo riferimento alla norma in commento, avente carattere eccezionale, si ritiene che il richiamo ai «datori di lavoro privati» sia da intendersi riferito ai datori di lavoro che operano nel “settore privato”, sono, pertanto, escluse dal settore privato e, di conseguenza, dall’agevolazione in esame le amministrazioni pubbliche.
In merito alla specifica categoria di lavoratori dipendenti destinatari dei buoni benzina, la disposizione agevolativa in esame non effettua espressamente delle distinzioni e non pone alcun limite reddituale per l’ammissione al beneficio.
Inoltre, considerato che la norma si riferisce genericamente ai «lavoratori dipendenti», si è dell’avviso che, al fine di individuare i potenziali beneficiari dei buoni benzina in parola, rilevi la tipologia di reddito prodotto, ossia quello di lavoro dipendente.
Il buono non concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 51, comma 3, del tuir, pertanto, i buoni in esame possano essere corrisposti dal datore di lavoro sin da subito, nel rispetto dei presupposti e dei limiti normativamente previsti, anche ad personam e senza necessità di preventivi accordi contrattuali, sempreché gli stessi non siano erogati in sostituzione dei premi di risultato. In tale ipotesi, l’erogazione dei buoni carburante deve avvenire in esecuzione dei contratti aziendali o territoriali.
Con riferimento alla determinazione del reddito d’impresa, si fa presente che il costo connesso all’acquisto dei buoni carburante in commento sia integralmente deducibile dal reddito d’impresa, sempreché l’erogazione di tali buoni sia, comunque, riconducibile al rapporto di lavoro e, per tale motivo, il relativo costo possa qualificarsi come inerente.
Incluso nel reddito di lavoro dipendente il contributo derivante dai buoni pasto 2020 non erogati
Il contributo una tantum corrisposto grazie ai risparmi derivanti dai buoni pasto non erogati nel 2020 concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente, ai sensi dell’art. 51, co. 1, del Tuir (Agenzia Entrate – risposta 14 luglio 2022, n. 377). Ai sensi dell’art. 1, co. 870, L. n. 178/2020, in considerazione del periodo di emergenza epidemiologica da COVID-19, è possibile utilizzare i risparmi derivanti dai buoni pasto non erogati nel corso del 2020, previa certificazione da parte dei competenti organi di controllo, per finanziare nell’anno 2021, nell’ambito della contrattazione integrativa, in deroga alle vigenti norme sul contenimento dei fondi, i trattamenti economici accessori correlati alla performance e alle condizioni di lavoro, ovvero agli istituti del welfare integrativo. Riguardo al regime fiscale applicabile al suddetto contributo in denaro, lo stesso, pur derivando dal risparmio dei buoni pasto non erogati nel 2020, non conserva la natura di buono pasto, con la conseguenza che non può trovare applicazione l’art. 51, co. 2, lett. c), del Tuir. Inoltre, il contributo in denaro in esame non è riconducibile ad alcuna ipotesi di esclusione dal reddito di lavoro dipendente prevista per le iniziative di welfare né alle altre ipotesi di esclusione specificamente previste dall’art. 51, commi 2 e seguenti del Tuir. Il predetto contributo, al pari delle altre elargizioni in denaro percepite dai dipendenti in relazione al rapporto di lavoro, dovrà concorrere, pertanto, alla formazione del reddito di lavoro dipendente, ai sensi dell’art. 51, co. 1, del Tuir.
Il Fisco risponde sull’esterometro
L’Agenzia delle entrate con la circolare 13 luglio 2022, n. 26/E fornisce chiarimenti in merito alle nuove regole di trasmissione dei dati delle operazioni transfrontaliere (c.d. “esterometro”), introdotte dalla legge di bilancio 2021 a decorrere dal 1° luglio 2022. I quesiti riguardano l’ambito di applicazione dell’esterometro, le regole di compilazione dei file xml per la trasmissione dei dati delle operazioni transfrontaliere e la conservazione.
La trasmissione dei dati deve avere ad oggetto tutte le operazioni con soggetti esteri, ivi compresi i consumatori, in quest’ultimo caso, peraltro, solo ove il corrispettivo dell’operazione sia comunque certificato, tramite fattura o altro documento.
L’evoluzione normativa del c.d. “esterometro” dimostra come la ratio dell’adempimento non sia più da identificare nel mero controllo delle operazioni rilevanti ai fini IVA effettuate tra soggetti passivi, ma nel monitoraggio di tutte quelle in cui una delle parti è “estera”.
Dal 1° luglio 2022 la nuova modalità di trasmissione dei dati delle operazioni transfrontaliere prevede che, per ogni operazione, venga trasmesso al Sistema di Interscambio il file xml conforme alle Specifiche Tecniche versione 1.7 e, di conseguenza, su tale file lo SdI effettuerà gli usuali controlli formali previsti nelle medesime specifiche, tra cui la verifica della compilazione di tutti i campi obbligatori della fattura.
In tema di conservazione l’Agenzia chiarisce che l’integrazione via SdI delle fatture/documenti ricevuti da soggetti esteri per mezzo di altro canale non esclude che anche questi vadano correttamente conservati (in forma analogica od elettronica).
Gli obblighi di conservazione si intendono soddisfatti per tutte le fatture elettroniche nonché per tutti i documenti informatici trasmessi attraverso il Sistema di Interscambio e memorizzati dall’Agenzia delle entrate.
Ne deriva che, usufruendo del servizio gratuito di conservazione messo a disposizione dall’Agenzia, per tutti i documenti informatici transitati via SdI i relativi obblighi di conservazione “a norma” saranno automaticamente rispettati.