Forniti ulteriori chiarimenti sull’aliquota IVA agevolata applicabile alle erbe aromatiche e spezie di uso comune (Agenzia delle entrate – Risposta 08 marzo 2022, n. 98). Per quanto concerne l’aliquota IVA applicabile ai prodotti erbe aromatiche e spezie di uso comune, alla luce della classificazione effettuata da ADM e della norma di interpretazione autentica della Legge di Bilancio 2019, L’Agenzia ritiene che gli stessi rientrino nell’ambito del n. 15) della Tabella A, parte II, allegata al Decreto IVA, con conseguente applicazione dell’IVA nella misura del 4 per cento.
Per quanto riguarda l’espressione “erbe aromatiche e spezie di uso comune”, l’Agenzia conferma che la stessa non fa riferimento a un elenco tassativo ben definito. Non può dunque che essere intesa come espressione atecnica, finalizzata a comprendere tutte quelle comunemente usate nell’alimentazione nel periodo storico di riferimento.
Per quanto riguarda le spezie, infine, si può fare riferimento al capitolo 9 della Nomenclatura combinata, tra cui rientrano tra gli altri, ad esempio, anche zenzero, zafferano, curcuma, coriandolo, che oggi possono essere considerati di uso comune.
Servizi di demolizione nave: non imponibilità
Solo in presenza di tutti i requisiti sia sostanziali che procedurali è possibile emettere fattura in regime di non imponibilità (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 08 marzo 2022, n. 97) Nella fattispecie esaminata dal Fisco una srl in qualità di prestatore di servizi relativi alla demolizione delle navi di cui alla lett. a) del 1° comma dell’art. 8 bis del Decreto IVA riferisce di avere ricevuto incarico da una S.p.a. di effettuare lavorazioni connesse alla demolizione su una nave soggetta a sequestro da svariati anni che conseguentemente non ha effettuato nell’anno precedente alcun viaggio in alto mare.
Pertanto la S.p.a. non ha inviato telematicamente alcuna dichiarazione di alto mare di cui al comma 3, dell’articolo 8-bis del Decreto IVA, in quanto trattasi di nave destinata alla demolizione.
La demolizione è stata portata a termine dalla S.p.a.
A riguardo la srl chiede di sapere se possa fatturare l’operazione in regime di non imponibilità IVA ex articolo 8-bis del Decreto IVA.
Per l’Amministrazione finanziaria la Srl sembra essere un “fornitore indiretto” avendo ricevuto l’incarico di effettuate alcune lavorazioni dalla S.p.a.
In proposito, pertanto, ha precisato che il fornitore diretto deve trasmettere/comunicare gli estremi del protocollo della dichiarazione, rilasciato dall’Agenzia delle entrate, ai propri cedenti e prestatori (i. e. fornitori indiretti) che abbiano titolo ad applicare il regime di non imponibilità ai sensi dell’articolo 8-bis. Infatti, ciascun fornitore, diretto o indiretto, è tenuto ad indicare il protocollo della dichiarazione rilasciato dall’Agenzia delle entrate nelle fatture emesse.
In conclusione solo in presenza di tutti i requisiti sia sostanziali che procedurali, sarà possibile emettere fattura in regime di non imponibilità ai sensi dell’articolo 8-bis.
Finanziamento del reddito di libertà con risorse delle Regioni
L’Inps provvederà all’erogazione, in unica soluzione, delle prestazioni sulla base delle domande presentate, a favore delle beneficiarie della Regione/Provincia autonoma, riconoscendo il Reddito di Libertà nella misura massima di 400,00 euro mensili e fino a un massimo di 12 mensilità, fino a esaurimento della provvista, salvo ulteriori successivi stanziamenti a cura della stessa Regione/Provincia autonoma e dell’accredito della provvista finanziaria anticipata; laddove siano disponibili anche risorse statali, per i pagamenti l’Istituto utilizzerà previamente dette risorse. Tale misura è riconosciuta, su istanza di parte, alle donne che hanno subito violenza e si trovino in condizioni di particolare vulnerabilità o in condizione di povertà, al fine di favorirne l’indipendenza economica, la cui condizione di bisogno straordinaria o urgente è dichiarata dal servizio sociale professionale di riferimento territoriale.
Non può essere accolta più di un’istanza riferita alla donna vittima di violenza e presentata nella medesima regione o in altra regione.
La domanda è presentata all’Inps sulla base del modello predisposto di un’autocertificazione dell’interessata, allegando la dichiarazione firmata dal rappresentante legale del Centro antiviolenza che ha preso in carico la stessa, che ne attesti il percorso di emancipazione ed autonomia intrapreso e la dichiarazione del servizio sociale professionale di riferimento, che ne attesti lo stato di bisogno legato alla situazione straordinaria o urgente.
Le risorse attribuite a ciascuna Regione/Provincia autonoma possono essere incrementate dalle medesime Regioni/Province autonome con ulteriori risorse proprie, trasferite direttamente all’INPS, previa presentazione di apposita istanza di incremento del budget, da trasmettere all’indirizzo PEC della Direzione centrale Inclusione sociale e invalidità civile dc.inclusionesocialeeinvaliditacivile@postacert.inps.gov.it.
L’accoglimento della richiesta della Regione/Provincia autonoma si perfezionerà con il versamento della somma integrativa sul conto corrente di tesoreria centrale n. 20350, IBAN IT70L0100003245350200020350, intestato a questo Istituto, con campo causale: “Reddito di Libertà Dpcm 17 dicembre 2020 – Regione/Provincia autonoma ______”.
L’Istituto utilizzerà tali risorse per la gestione delle domande presentate nella stessa Regione/Provincia autonoma e non accolte per insufficienza della quota di stanziamento statale assegnato alla Regione/Provincia autonoma medesima (INPS – Messaggio 07 marzo 2022, n. 1053).
Crediti ceduti pro solvendo: deducibilità accantonamento al fondo svalutazione
In caso di cessione di crediti pro solvendo, la quota di accantonamento al fondo rischi riferita a tali crediti deve ritenersi deducibile se, e nella misura in cui, essi, nonostante la cessione, determinino una situazione di rischio per il cedente (Corte di Cassazione – Sentenza 03 marzo 2022, n. 7112). Nell’ambito di una controversia riguardante il recupero a tassazione IRES della quota di accantonamento del fondo svalutazione crediti, ritenuta indeducibile, per la parte relativa ai crediti ceduti pro solvendo dalla contribuente, la Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità della pretesa tributaria decisa dai giudici tributari, sulla base dei seguenti principi:
in tema di imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito d’impresa, gli accantonamenti iscritti nel fondo di copertura di rischi su crediti devono ritenersi deducibili anche nell’ipotesi in cui il credito sia stato oggetto di cessione “pro solvendo”, come accade nello sconto bancario di titoli rappresentativi di crediti: se è vero, infatti, che in tal caso il cedente non è più titolare del credito, è altrettanto vero, però, che il trasferimento dello stesso in favore del cessionario è risolutivamente condizionato all’inadempimento del debitore ceduto, il quale comporta la retrocessione del credito, nessun rilievo, in proposito, assume il carattere solo eventuale della retrocessione, bastando il relativo rischio a dar rilevanza al momento economico dell’operazione, in ossequio alla “ratio” della norma che esclude la deducibilità per i soli crediti coperti da garanzia assicurativa, in quanto assicurati contro il rischio dell’insolvenza, e non anche per quelli per i quali tale rischio rimane a carico esclusivo del cedente.
La deduzione degli accantonamenti iscritti nel fondo rischi su crediti, dunque, si applica ai crediti ceduti “pro solvendo” se, e nella misura in cui, essi, nonostante la cessione, determinino una situazione di rischio per il cedente.
Uneba Marche: Comunicato sull’erogazione dell’Elemento di Garanzia
Uneba comunica che essendosi concluse senza accordo le trattative sul contratto regionale tra Uneba Marche e le OO.SS. territoriali, l’Elemento di Garanzia dovrà erogarsi secondo l’art. 43 del CCNL Uneba, con comunicato del 4 marzo 2022, informa che le trattative sul contratto regionale Uneba Marche, si sono concluse senza un accordo in merito all’erogazione dell’Elemento di Garanzia.
Pertanto, come prevede l’art. 43 del CCNL per le istituzioni socio assistenziali Uneba del 20/1/2020, tutte le organizzazioni delle Marche che applicano il Contratto Uneba dovranno procedere con l’erogazione della “quota A” (€ 20,00 di incremento tabellare), con decorrenza 1/1/2022.
Visto di conformità: meno vincoli per il rilascio da parte dei soci delle STP
I soci delle Società tra professionisti esercenti attività di assistenza fiscale possono rilasciare il visto di conformità anche quando la maggioranza del capitale sociale non è detenuta da professionisti iscritti agli albi purché sia disposto che i soci certificatori detengano il controllo dei diritti di voto della società (Agenzia Entrate – risoluzione 04 marzo 2022, n. 10). In un precedente documento di prassi del 2016 l’Agenzia delle Entrate ha avuto già modo di chiarire le condizione che devono essere rispettate affinchè il professionista socio di una società tra professionisti, abilitata alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, possa apporre il visto di conformità (art. 35, D.Lgs. n. 241/1997), utilizzando la partita IVA della società tra professionisti. Nel documento fu evidenziato che il presidio della qualificazione professionale e della fede pubblica appare rafforzato nella società tra professionisti rispetto alla società commerciale di servizi contabili, posto che i soci della prima sono unicamente professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi (soci non professionisti sono ammessi solo per prestazioni diverse da quelle professionali), il cui numero e la cui partecipazione al capitale sociale devono essere tali da determinare, in ogni caso, la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci. Pertanto, in attesa dell’intervento normativo si richiama il pronto ordini del CNDCEC n. 132 del 22 novembre 2021 per approfondire la costituzione di una STP nella forma di società semplice con la maggioranza della partecipazione al capitale sociale attribuita ai soci non professionisti. È plausibile consentire l’inserimento nell’elenco dei soggetti abilitati al visto di conformità anche ai professionisti soci di STP che risultano validamente costituite ed iscritte nel registro delle imprese e nel relativo ordine professionale, ciò anche quando la maggioranza del capitale sociale non è detenuta da professionisti iscritti nei relativi albi, purché tali soci detengano il controllo dei diritti di voto della STP garantito attraverso l’adozione di patti parasociali o clausole statutarie e cioè possano esprimere la maggioranza dei 2/3 nell’assunzione delle decisioni societarie.
Tale principio è in linea con quanto disposto dall’art. 10, co. 4, lett. b), L. n. 183/2011, secondo cui il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci.
Sull’argomento, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha chiarito come, al fine di consentire ai professionisti di cogliere appieno le opportunità offerte dalla normativa in materia di STP e le relative spinte pro concorrenziali, vada privilegiata l’interpretazione della norma, secondo la quale i due requisiti della maggioranza dei due terzi “per teste” e “per quote di capitale” di cui all’art. 10, co. 4, lett. b), L. n. 183/2011 non vengano considerati cumulativi.
Al riguardo, la necessità di limitare la capacità decisionale dei soci non professionisti, così da evitare che questi ultimi possano influire sulle scelte strategiche della STP e sullo svolgimento delle prestazioni professionali può essere assicurata ricorrendo ai diversi strumenti previsti dal codice civile che consentono di limitare o espandere i diritti e i poteri attributi ai soci in relazione al tipo di società scelta e alla relativa governance.
Infatti, le STP non costituiscono una tipologia societaria autonoma, ma possono assumere una delle forme societarie previste dal codice civile e sono quindi soggette alla disciplina legale del modello prescelto.
Invero, a seconda del modello societario adottato, possono essere adottati dei patti parasociali o delle clausole statutarie che garantiscano ai soci professionisti di esercitare il controllo della società, anche nella situazione in cui, nella compagine societaria, essi siano in numero inferiore ai due terzi e/o detengano quote di capitale sociale inferiore ai due terzi.
Con l’atto di segnalazione al Governo e al Parlamento, il Garante ha auspicato un intervento sul testo dell’art. 10, co. 4, lett. b), L. n. 183/2011 in relazione ai requisiti ivi indicati, al fine di renderne più chiara la formulazione, assicurando così una sua applicazione uniforme da parte di tutti gli Consigli e/o Federazioni di Ordini professionali, che tenga conto dello spirito della norma e dei consolidati principi concorrenziali a cui la stessa è ispirata.