Siglato il 28 aprile 2022, tra l’Unione degli Industriali della Provincia di Varese e la CGIL di Varese, la CISL dei Laghi, la UIL di Varese, l’accordo sul “Break Formativo”. Le Parti promuovono la realizzazione di un progetto sperimentale che si pone l’obiettivo di diffondere in maniera trasversale la metodologia dei “break formativi” quale metodo di formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro particolarmente incisivo ed efficace.
La sperimentazione avrà durata di 18 mesi e le modalità operative, dettagliate nell’allegato progetto, possono essere così sinteticamente declinate:
– Fase 1: Univa e Cgil, Cisl e Uil si impegnano a definire, per il tramite dell’Organismo Paritetico Provinciale, il programma di un corso di formazione pilota “base” avente ad oggetto l’organizzazione e la gestione dei break formativi. Il corso è rivolto a RSPP e RLS delle aziende coinvolte.
– Fase 2: Univa individua un panel di aziende tester (coinvolgendo aziende di diversi settori, dimensione ed estrazione territoriale), diffonde e valorizza l’iniziativa e ne agevola l’adesione. Il corso di formazione viene erogato da Univa Servizi, attraverso il coinvolgimento di formatori esperti e qualificati con il supporto organizzativo e il tutoraggio di OPP Varese.
– Fase 3: l’Organismo Paritetico Provinciale provvede all’attività di monitoraggio derivante dalla successiva implementazione di break formativi all’interno del campione di aziende. L’attività di monitoraggio sarà effettuata in seguito all’inoltro delle richieste di collaborazione indirizzate al medesimo organismo così come previsto dall’art. 37 del DLgs 81/2008 e s.m.i. e dall’Accordo Stato Regioni del 21/12/2011.
– Fase 4: il progetto si conclude con la presentazione dei risultati e la analisi strategica della efficacia progetto.
I chiarimenti del Fisco sui meccanismi transfrontalieri
Sono state fornite le risposte ai quesiti sui meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di comunicazione (AGENZIA DELLE ENTRATE – Circolare 13 maggio 2022, n. 12/E) Documentazione da richiedere al “primo” intermediario La documentazione da richiedere all’intermediario che per primo ha effettuato la comunicazione, ai fini dell’esonero, consiste nella copia della comunicazione trasmessa alla competente Autorità fiscale secondo le linee guida sopra citate, corredata della ricevuta di presentazione con esito positivo. Al riguardo, occorre ribadire che la causa di esonero di cui trattasi ricorre solamente qualora la comunicazione effettuata da altro intermediario «contenga tutte le informazioni che l’intermediario, che intende far valere l’esonero, avrebbe dovuto fornire secondo le disposizioni dello Stato italiano o disposizioni equivalenti». Riduzione d’imposta e criterio del vantaggio fiscale principale Ai fini della determinazione della riduzione potenziale d’imposta occorre porre a confronto gli effetti fiscali in presenza del meccanismo con quelli che si verificherebbero in sua assenza. Ciò determina che il confronto debba essere effettuato con l’ipotesi in cui il meccanismo non sia attuato, non rilevando a tal fine altre operazioni alternative. Pertanto, a titolo esemplificativo, in un’ipotesi di trasferimento di hard-to-value-intangibles, elemento distintivo E.2., l’effetto di potenziale riduzione d’imposta deve essere messo a confronto con l’ipotesi in cui il contribuente non ponga in essere la transazione. Termini di presentazione Il termine per la comunicazione del meccanismo transfrontaliero in caso di fornitore di servizi decorre dal giorno seguente a quello in cui è stata fornita, direttamente o attraverso altre persone, assistenza o consulenza ai fini dell’attuazione del meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di comunicazione. Pertanto, rileva la circostanza che il mandato fiduciario fosse in essere nel momento in cui è sorto l’obbligo di comunicazione. Sanzioni in caso di mancata conservazione della documentazione relativa alle attività degli intermediari e dei contribuenti Nel caso di violazione dell’obbligo di conservazione della documentazione trova applicazione la seguente disposizione: «Chi non tiene o non conserva secondo le prescrizioni le scritture contabili, i documenti e i registri previsti dalle leggi in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto ovvero i libri, i documenti e i registri, la tenuta e la conservazione dei quali è imposta da altre disposizioni della legge tributaria, è punito con la sanzione amministrativa da euro 1.000 a euro 8.000» Sanzioni in caso di mancata comunicazione al contribuente di una causa di esonero da parte dell’intermediario Non sono sanzionate le ipotesi in cui l’intermediario non comunichi la causa di esonero ad altri intermediari o, in assenza di questi ultimi, al contribuente interessato; di contro è sanzionabile il contribuente che violi l’obbligo di notifica del meccanismo all’Agenzia delle entrate, in assenza di comunicazioni da parte dell’intermediario. Obbligo di dichiarazione ai fini reddituali in relazione alla comunicazione del numero di riferimento del meccanismo transfrontaliero In caso di esonero dall’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi il contribuente non è tenuto a presentare comunque la dichiarazione al solo fine di comunicare il numero di riferimento del meccanismo transfrontaliero.
Le nuove retribuzioni per il CCNL Consorzi Agrari
Calcolate, redazionalmente, le nuove tabelle retributive a seguito del rinnovo del CCNL per i dipendenti dei Consorzi Agrari.
Negli scorsi giorni è stato sottoscritto il rinnovo del CCNL per i dipendenti dei Consorzi Agrari.
L’accordo, che copre il quadriennio 1 ° gennaio 2020-31 dicembre 2023, prevede che lo stipendio base del 3° Livello venga incrementato con le decorrenze sotto specificate dei seguenti importi mensili al lordo delle ritenute di legge:
– dal 1° giugno 2022: € 65,00
– dal 1° gennaio 2023: € 30,00
Di seguito le tabelle degli aumenti e i relativi minimi retributivi calcolati redazionalmente in base ai parametri contrattuali
LIvello |
param |
Aumento dall’1/6/2022 |
Aumento dall’ 1/1/2023 |
---|---|---|---|
Q | 206,65 | 91,36 | 42,17 |
1 | 206,65 | 91,36 | 42,17 |
2 | 187,04 | 82,69 | 38,17 |
3S | 159,75 | 70,63 | 32,60 |
3 | 147,02 | 65,00 | 30,00 |
4S | 137,16 | 60,64 | 27,99 |
4 | 128,46 | 56,79 | 26,21 |
5 | 115,14 | 50,91 | 23,49 |
6 | 100 | 44,21 | 20,41 |
Livello |
Minimo vigente |
Minimo dall’1/6/2022 |
Minimo dall’1/1/2023 |
---|---|---|---|
Q | 1.875,65 | 1.967,01 | 2.009,18 |
1 | 1.875,65 | 1.967,01 | 2.009,18 |
2 | 1.697,65 | 1.780,34 | 1.818,51 |
3S | 1.449,97 | 1.520,60 | 1.553,20 |
3 | 1.334,42 | 1.399,42 | 1.429,42 |
4S | 1.244,92 | 1.305,56 | 1.333,55 |
4 | 1.165,98 | 1.222,77 | 1.248,99 |
5 | 1.045,08 | 1.095,99 | 1.119,48 |
6 | 907,65 | 951,86 | 972,27 |
Il professionista non può detrarre l’Iva per la ristrutturazione dello studio in locazione
Non è detraibile l’Iva sugli acquisti effettuati per la ristrutturazione di un immobile condotto in locazione dal professionista e adibito a studio professionale (Corte di cassazione – sez. trib. – ordinanza 11 maggio 2022, n. 14853). La questione verte sull’inerenza delle spese sostenute dal professionista in funzione della ristrutturazione dello studio e a riguardo la Corte di Cassazione ha già avuto modo di chiarire che in materia di Iva, l’inerenza del costo non può essere esclusa in base ad un giudizio di congruità della spesa, salvo che l’Amministrazione finanziaria ne dimostri la macroscopica antieconomicità ed essa rilevi quale indizio dell’assenza di connessione tra costo e l’attività d’impresa. Benché in campo Iva il giudizio di congruità non esclude il diritto alla detrazione, viceversa lo condiziona qualora l’antieconomicità dell’operazione sia manifesta e macroscopica e dunque esulante dal normale margine di errore di valutazione economica, tanto da assumere rilievo indiziarlo di non verità della fattura o di non inerenza della destinazione del bene o servizio all’utilizzo per operazioni assoggettate ad Iva. In detta ipotesi, spetta al contribuente provare che la prestazione del bene o servizio è reale ed inerente all’attività svolta. Nel caso di specie, la CTR ha ritenuto fondata la pretesa dell’Erario perché l’ammontare degli esborsi per la ristrutturazione confligge con un canone di economicità che non trova obbiettiva giustificazione in rapporto alla entità elevata dei costi sostenuti. La CTR si è, pertanto, curata di accertare la non inerenza dei beni rispetto all’attività professionale svolta, valorizzando la descrizione delle opere contenuta nel capitolato allegato al contratto di locazione ed evidenziando come le stesse non siano consistite in un semplice adattamento dei locali alle esigenze connessa alla attività professionale del locatario, piuttosto sostanziandosi in una ristrutturazione completa e radicale dell’immobile, comprensiva dei lavori di rimozione e rifacimento del manto di copertura dell’edificio, smantellamento e rimozione degli impianti tecnologici, demolizione e rimozione della pavimentazione interna ed esterna, delle vasche di raccolta e trattamento dei liquami e delle connesse tubazioni. Dette opere all’evidenza esorbitanti dal mero adattamento implicano il venire meno del requisito della pertinenza della spesa allo svolgimento della libera professione del ricorrente.
Ravvedimento operoso in presenza di violazioni da condotte “fraudolente”
Forniti chiarimenti in merito alla possibilità, per i contribuenti interessati, di procedere al cosiddetto “ravvedimento operoso”, in presenza di violazioni derivanti da condotte connotate da “frode” (Agenzia delle entrate – Circolare 12 maggio 2022, n. 11/E). In particolare, i chiarimenti forniti sono finalizzati a rendere coerenti le diverse disposizioni intervenute, negli ultimi anni, che hanno interessato, da un lato l’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, dall’altro le norme contenute nel decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74.
L’evoluzione normativa e, in particolare, l’inserimento, al comma 2 dell’articolo 13 del d.lgs. n. 74 del 2000, del riferimento esplicito agli articoli 2 e 3 del medesimo decreto ha, in estrema sintesi, disciplinato, nelle ipotesi di estinzione del debito tributario, l’estensione delle cause di non punibilità anche ai reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici. Tale previsione conferma la volontà del legislatore di incentivare progressivamente il ricorso al ravvedimento operoso ai fini degli effetti penali, senza alcuna distinzione circa la tipologia di reato tributario contestato.
Il predetto comma 2 dell’articolo 13 del d.lgs. n. 74 del 2000, nonché il comma 2 del successivo articolo 13-bis, nella versione attualmente vigente, legittimano, quindi, l’accesso all’istituto del ravvedimento operoso anche per le condotte dichiarative fraudolente, regolandone le conseguenze penali e precisando le condizioni alle quali tali effetti si realizzano. Disciplinando gli effetti penali prodotti dal ravvedimento – mediante integrale pagamento degli importi dovuti – prima e dopo l’avvio di qualunque attività istruttoria, la norma ammette di fatto la legittimità del ravvedimento stesso anche sotto il profilo sanzionatorio amministrativo. Ciò fermo restando che la legittimità del ravvedimento in ambito amministrativo non soggiace ai limiti posti dalla normativa sanzionatoria penale.
Si pensi, a titolo di esempio, a quanto previsto dall’articolo 13, comma 2, del d.lgs. n. 74 del 2000 (i.e. la «formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali»), che spiega i suoi effetti solo ai fini penali e non anche ai fini del perfezionamento del ravvedimento ai sensi dell’articolo 13 del d.lgs. n. 472 del 1997.
Alla luce delle intervenute modifiche legislative, deve dunque ritenersi superata la preclusione al ravvedimento in presenza di condotte fraudolente come espressa con la circolare n. 180/E del 1998, riconoscendo al contribuente la possibilità di accedere allo strumento del ravvedimento operoso per regolarizzare anche le violazioni fiscali connesse a condotte fraudolente.
In linea con le indicazioni in precedenza rese risultano anche i chiarimenti recentemente forniti nella circolare n. 31/E del 23 dicembre 2020 in tema di crediti di imposta ricerca e sviluppo e di ravvedimento nel caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti, violazione cui si applica la sanzione di cui all’articolo 13, comma 5, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.
Nel documento di prassi, in particolare, si è precisato che «Fermo restando che per tale sanzione non è applicabile la definizione agevolata prevista dagli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del decreto legislativo n. 472 del 1997, si rammenta che:
– il contribuente può beneficiare della riduzione delle sanzioni prevista dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997 (cd. ravvedimento), anche successivamente alla constatazione della violazione, ma comunque prima che sia stato notificato l’atto di recupero».
Resta fermo che la possibilità di ricorrere al ravvedimento operoso per regolarizzare violazioni fiscali anche connesse a condotte fraudolente:
a) incontra i limiti propri di tale istituto, come individuati negli articoli 13 e 13-bis del d.lgs. n. 472 del 1997 e cioè il rispetto delle regole amministrative previste, a prescindere dalle valutazioni che competono al giudice in sede penale;
b) deve comunque tener conto delle situazioni concretamente in essere e dei relativi riflessi sul quantum della sanzione base. Così, ad esempio, a fronte di un processo verbale dell’autorità competente che constati violazioni legate a condotte fraudolente, sarà possibile il ravvedimento ex articolo 13, comma 1, lettera b-quater), del d.lgs. n. 472. Questo, tuttavia, quale regolarizzazione che avviene dopo la constatazione della violazione, dovrà prendere a riferimento la sanzione determinata applicando a quella per infedele dichiarazione la maggiorazione del cinquanta per cento prevista quando la violazione è realizzata mediante l’utilizzo di fatture o altra documentazione falsa o per operazioni inesistenti, mediante artifici o raggiri, condotte simulatorie o fraudolente (cfr. articoli 1, comma 3 e 5 comma 4-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471);
c) non pregiudica in alcun modo le valutazioni sull’efficacia e gli effetti del ravvedimento amministrativo o su quelli dell’estinzione totale o parziale del debito in ambito penale demandate all’Autorità giudiziaria, rimanendo peraltro fermo l’obbligo per gli Uffici di procedere, al ricorrere dei requisiti legislativamente fissati, alla denuncia della notitia criminis ex articolo 331 c.p.p.
Assicurazione dell’ azienda contro i danni da infortunio del lavoratore
Deve intendersi stipulata neIl’interesse dell’ impresa la polizza assicurativa a copertura del danno economico ad essa derivante dalla perdita della prestazione lavorativa, per assenza conseguente ad infortunio del lavoratore (Corte di Cassazione, Sentenza 09 maggio 2022, n. 14550). Mediante la stipula di una polizza assicurativa un’impresa edile realizzava lo scopo di coprire i danni in caso di infortunio dei soci lavoratori, derivanti dall’assenza di questi. In occasione di infortunio occorso ad uno dei soci lavoratori, tuttavia, quest’ultimo pretendeva il pagamento diretto della somma in proprio favore, sostenendo che la stessa gli fosse dovuta, a seguito dell’infortunio, in base alla polizza in questione. Confermando la sentenza di primo grado, la Corte d’Appello territoriale accoglieva la domanda del socio lavoratore, interpretando il contratto di assicurazione come stipulato dall’impresa, ma per conto dei lavoratori, che dunque dovevano ritenersi i diretti beneficiari della polizza. Avverso tale decisione ricorreva per cassazione l’impresa. La tesi da quest’ultima sostenuta, in particolare, era che la Corte d’appello avesse male interpretato il contratto in questione, intendendolo come un’assicurazione a vantaggio dei lavoratori anziché a vantaggio dell’impresa come avrebbe dovuto invece essere. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, giudicando erronea la tesi sostenuta dalla Corte di Appello, secondo cui sarebbe nullo un contratto in cui l’impresa garantisce se stessa in caso di infortunio del lavoratore, ciò in quanto essa si arricchirebbe in modo ingiustificato, traendo il premio assicurativo da un danno altrui.
Essa, inoltre, giudicava questa come l’unica interpretazione possibile del contratto di assicurazione, pena la sua nullità dovuta al fatto che, altrimenti, il contratto, sarebbe stato privo di causa, o meglio, caratterizzato da un ingiusto arricchimento a favore della compagnia di assicurazione.
Indicativa di questa seconda ricostruzione era, secondo l’impresa stessa, la clausola con la quale i soci convenivano che l’importo fosse liquidato alla impresa medesima, oltre alla clausola nella quale era specificato che la polizza fosse stipulata dal contraente, cioè dall’impresa, “per coprirsi nei limiti e alle condizioni convenute del danno economico che ad essa potesse derivare da infortunio subito dalle persone assicurate”.
La Corte di appello aveva, dunque, interpretato erroneamente il significato di tali clausole e non ne aveva dedotto la volontà delle parti di assicurare l’impresa anziché i soci lavoratori.
Tale ipotesi sarebbe, invece, secondo la Corte di legittimità, meritevole di tutela in quanto il danno assicurato sarebbe diverso dalla mera lesione psicofisica del lavoratore e consisterebbe nel pregiudizio che dalla mancata prestazione lavorativa deriva all’impresa.
Quest’ultima, pertanto, copre, in tal modo, un danno proprio, derivante dalla perdita momentanea della prestazione lavorativa, e non un danno altrui.
La Corte ha, altresì, evidenziato che la tesi della Corte di Appello fosse contraddetta dal tenore letterale della polizza, da cui poteva dedursi inequivocabilmente che l’assicurazione fosse neIl’interesse dell’ impresa, per danni derivanti da infortunio dei lavoratori.
In conformità a tale interpretazione si poneva, difatti, anche l’altra clausola, rubricata come “rinuncia del beneficio da parte dei soci”, con cui si prevedeva che la liquidazione del danno dovesse avvenire proprio a favore di a favore della contraente.
Sulla scorta di tanto, i Giudici di legittimità hanno ritenuto, da un lato, che l’assicurazione fosse volta a rimediare alle conseguenze di un danno proprio dell’impresa, e, dall’altro, che andasse ecluso, nel caso in questione, sia l’ingiustificato arricchimento dell’impresa sia il difetto di causa del contratto stipulato.